Il perchè di un gazebo
Trascorrere il tempo presidiando un gazebo, nel nostro caso di Legambiente, dietro un tavolino traballante cosparso di: fogli, locandine, adesivi e manifesti; come neanche si fosse la sentinella in attesa di un celebre romanzo di Buzzati, è normalmente ciò che ormai intendiamo oggi come: attivismo ambientale ‘obsoleto'.
Abituati ormai al diluvio di post e di informazione riversata sui blog, assuefatti a voyeuristiche condivisioni sui social-networks o all'egocentrico “twitterio” degli smartphones, non apprezziamo più il gusto antico e retrò di una banale condivisione di idee all’aperto ovvero nelle piazze e sulle nostre quotidiane strade.
Ascoltare il sanguigno reclamo della massaia di ritorno dal mercato (contemporaneamente impegnata a trattenere nelle sporte i cavolfiori pronti a rotolare sull’asfalto) o i ricordi del “come si stava allora” del vecchietto con l’alitosi alcolica appena uscito dal bar, assume il medesimo valore di accoglimento, del problema scientifico/tecnico posto dal brillante laureato con l’eloquenza degna di un principe del foro.
Così si conduce davvero una politica ambientale onesta sul territorio: con l’impegno fattivo a farsi recettori e portavoce, per conto altrui, di qualunque disagio manifesto grande o piccolo che sia. E non ci può essere piazza o luogo virtuale che possa sostituirsi totalmente a questo. Perché la nostra faccia da esporre è tutto ciò che possediamo e non è sostituibile da nessun avatar o foto in pixel che tengano.
Il marciapiede sbriciolato, l’albero mezzo sradicato, quell’argine malconcio e minaccioso, l'inutile bretellina stradale o l'ennesima rotonda costruita nottetempo. Tutto può divenire causa di insostenibile ostacolo alla serena scorrevolezza delle proprie abitudini.
Ed è questa quotidianità di ferite inferte attraverso piani regolatori disattesi, di piccole battaglie di retroguardia e resistenza urbana, che spingono le persone, alla fine, a compattarsi assieme ed a uscire dai loro comodi cortili o appartamenti isolati .
E noi, qui fuori, vi aspettiamo. (Flavio Boscatto)