Aflatossine del mais: un pericolo concreto per la nostra salute.
Recentemente si è parlato molto delle aflatossine del mais: proviamo a capire un po’ meglio di cosa si tratta. Le aflatossine sono delle tossine prodotte da funghi appartenenti alla classe degli Ascomiceti (genere Aspergillus) e sono ritenute tra le sostanze più cancerogene esistenti. Alcune aflatossine sono fortemente sospettate di indurre mutazioni nel DNA (genoma) e la più pericolosa, secondo la letteratura, è la B1. La loro forte tossicità e cancerogenicità, che si può trasferire al latte e persino alla carne degli animali alimentati con materie prime infette, ne hanno fatto il nemico numero uno di agricoltori e allevatori. In condizioni ambientali favorevoli le spore degli Aspergillus germinano e successivamente colonizzano svariate tipologie di alimenti, quali granaglie, mais, arachidi ed altri semi oleosi. Ma quali sono le condizioni ambientali favorevoli e perché ora?
Il clima torrido e la forte umidità dell'estate 2012 hanno fatto impennare le contaminazioni da aflatossine. Inoltre, il cambiamento climatico in atto sta rendendo molto più alta la probabilità che si manifestino condizioni meteorologiche estreme e ondate di calore. Periodi di siccità o di inondazioni, oltre a portare alla riduzione dei raccolti, sono causa di stress biologici che hanno come conseguenza la produzione di aflatossine.
Nella rivista Agro Notizie del 7 marzo 2013, Angelo Gamberini scrive: “Sul contenuto in aflatossine è intervenuta da oltre dieci anni Bruxelles ... riservando un'attenzione particolare all'aflatossina B1, stabilendo che nella materie prime per mangimi sia presente non oltre la soglia di 0,05 ppm (mg/kg). Il raccolto di mais della campagna 2012 supera in molti casi questi livelli e di qui è scattata l'impossibilità di impiegarlo in zootecnia ed è stato di fatto “sequestrato” nei silos sino ad oggi. E si tratta di quantità rilevanti visto che ad essere colpito è circa un quarto dell'intera produzione. Fra poco quei silos dovranno ospitare i nuovi raccolti e una soluzione del problema si fa ogni giorno più urgente.”
Il problema è molto serio; cosa fare con il mais “sequestrato” e per i raccolti futuri? In Veneto e nel Friuli, fra le regioni più coinvolte, il dibattito su come smaltire il raccolto 2012 è tutt'ora aperto e la proposta di aumentare i limiti di aflatossine ammessi per il mais, non sono state accolte dal ministero della Salute. In effetti una soluzione di questo tipo sembra improponibile, dal momento che avrebbe ripercussioni sulla sicurezza delle produzioni zootecniche e quindi sulla salute dell’uomo.
Una soluzione alternativa all’ utilizzo del mais nella catena alimentare, potrebbe essere il suo impiego per la produzione di biogas. L'efficienza energetica degli impianti non sarebbe intaccata dalla presenza di aflatossine e non vi sarebbe alcuna controindicazione sotto il profilo della sicurezza. Ma per i raccolti futuri?
La Coldiretti (Il Punto Coldiretti del 05/03/2013) ha individuato alcune possibili linee di intervento: “Va innanzitutto applicata una corretta tecnica agronomica che riduce sensibilmente il rischio aflatossine, a partire dalla scelta delle varietà ... evitando di stressare la pianta irrigando in modo adeguato fino a maturazione avanzata, riducendo l’attacco di insetti e assicurando una congrua concimazione e la raccolta del prodotto ad umidità non inferiore al 22-23% inviandolo ad una immediata essiccazione, che garantiscono un abbattimento della potenziale carica di tossine. Occorre anche ... un piano di finanziamento ... per lo sviluppo di tecniche di irrigazione con ala gocciolante o con tecniche di sub irrigazione ... riducendo sia i consumi idrici che quelli energetici ottenendo un risultato positivo anche per ... la sostenibilità ambientale.”
Purtroppo, sia l’impiego del mais per produrre energia sia gli interventi per ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici sui futuri raccolti richiedono notevoli investimenti e devono quindi essere sostenuti da adeguate politiche economiche nazionali ed europee, che non risultano essere ancora state adottate.
Questo in sintesi ciò che chiediamo alle forze politiche locali e nazionali:
● l’impiego del mais per produrre energia dovrà essere una soluzione transitoria e non ripetibile, accettabile solo fino al completo smaltimento del prodotto contaminato. Anche perchè, come materia prima energetica, il prezzo del mais è soggetto a forti speculazioni e il rendimento complessivo del processo (differenza fra energia spesa per produrre il mais e quella ottenuta dal gas) è basso se non negativo
● il primo e urgente intervento dovrà essere un incentivo economico agli agricoltori che accettano di diversificare le colture, trasferendo la loro produzione dal mais a prodotti esenti da aflatossine, più remunerativi e innovativi.
● per sostenere tale politica dovranno essere approvati interventi economici e legislativi che scoraggino e rendano superflua l’importazione dall’estero dei prodotti orticoli più pregiati
● è prioritario che siano incrementati i controlli sulla produzione del mais in tutte le zone a rischio aflatossine
● occorre creare filiere certificate per il commercio e la vendita del mais, che ne assicurino la tracciabilità dal produttore al consumatore e la verificabilità delle certificazioni
● in base a tale tracciabilità dovrà essere indicato su tutte le confezioni di mais e derivati una Garanzia di prodotto esente da aflatossine.
Le aflatossine del mais sono l’ennesimo problema sul quale dobbiamo agire in fretta, a tutela della salvaguardia dell’ambiente, per la nostra salute ma soprattutto per quella delle future generazioni.
(Lina Artifoni e Paolo Cestaro)